A te che sei incuriosito: ciao, sono Stefania Tognin.
Questo non è un articolo tecnico ma è un testo dove ti racconto l’evoluzione dell’arredo bagno unita alla crescita della nostra azienda che nasce 48 anni fa, nel 1973, quando Riccardo Polato tornò dalla Svizzera diplomato e praticante idraulico con partita iva. I suoi lavori di impiantistica si estesero presto anche all’arredo, dapprima lentamente e poi sempre più veloce con il passaggio della direzione aziendale ai figli Emanuela e Giovanni.
Ti spiego meglio: il bagno dagli anni Cinquanta a oggi.
Il lavabo con colonna è cambiato di aspetto e di utilità nel corso degli anni fino a diventare un mobile da bagno. Un vero oggetto d’arredamento, come la cucina.
Agli inizi degli anni Cinquanta il lavabo era uguale ai sanitari per colore, forma e materiale. I più comuni erano in ceramica, snelli e accompagnati da specchi rettangolari, con pensili contenitori ai lati. I più ricercati, invece, ricordavano le forme di una conchiglia, molto più grandi e con specchi dalla forma tondeggiante, accompagnati da applique a fiore in vetro soffiato abbinati al lampadario. Erano oggetti talmente sontuosi da bastare per impreziosire il bagno. Gli accessori, considerati di primaria importanza, venivano acquistati simultaneamente a tutto il resto dell’arredo. Erano di legno scuro oppure bianco, con forme esteticamente ben presenti sopra al bidet, a lato del mobile e sopra la vasca.
La doccia
non godeva il lusso di avere un porta-oggetti degno: si sceglieva qualcosa di più veloce e lo si faceva in un secondo momento. La stessa doccia non era sinonimo di benessere, la si metteva in lavanderia. Nei bagni c’era la vasca incassata, davanti ad essa un muro rivestito dalle piastrelle del bagno. Chi vantava un grande bagno metteva la vasca in linea con la doccia. I piatti doccia erano in ceramica e ai loro lati si trovavano delle compensazioni di spessore in piastrelle. I più facoltosi sceglievano il piatto doccia in marmo.
Pavimenti e rivestimenti
erano monocolore, talvolta saturo e pieno come il verde petrolio. La dimensione della piastrella era rettangolare e piccola circa un 10×20 cm oppure quadrata 10x10cm. I decori erano importanti, si usava costruire con le stesse piastrelle, con grandi fiori, e si posizionavano sopra la vasca. Chi per budget non li sceglieva, si accontentava di piastrelle dagli angoli smussati. Tuttora molto attuali, quando li trovo in bianco e nero a mio parere restano una soluzione bellissima. La piastrella all’epoca era solo lucida, la rifinitura opaca non esisteva.
Gli anni settanta e ottanta
Negli anni Settanta e Ottanta le piastrelle iniziarono ad ingrandirsi e a cambiare estetica. Erano sempre leggermente rettangolari, con aspetto nuvolato. In alto si usava mettere una greca di decoro floreale. I colori che si preferivano in quegli anni erano l’azzurro, il pesca salmone, il verde chiaro e il crema. La scala di grigi non veniva presa in considerazione dai designer di allora. Quelle che più si avvicinavano erano a base bianca con l’effetto nuvola in perla. I sanitari colorati in verde, blu, rosa, lasciarono il posto alle tonalità neutre e la tendenza dell’epoca era il color champagne.
La cassetta del wc era esterna e spesso in ceramica, mentre la plastica si usava nel bagno di servizio. I rubinetti erano classici, non esistevano i miscelatori ma si giravano le manopole fino a far uscire l’acqua alla temperatura desiderata. I rubinetti più lussuosi avevano il mezzo giro e erano colorati. Rossi e bianchi erano i colori prediletti. Le loro manopole ricordavano il sole disegnato dai bambini. Non erano stilizzati; anzi ogni dettaglio doveva richiamare il lusso.
Gli anni Ottanta furono gli anni del cambiamento:
vennero introdotti i primi mobili da bagno.
Il nonno, fondatore della nostra azienda che porta ancora il suo nome, era scettico: la figlia Emanuela, giovane ed entusiasta, vide nella novità un business e un confort in più da proporre al cliente. Iniziarono le “guerre” verbali tra lei e il padre Riccardo. Quest’ultimo non credeva alle novità del lavabo a incasso e temeva che l’acqua potesse rovinare il legno. Erano mobili in massello costituiti da due ante larghe 75cm e da cassettini alti 10 cm a lato. Solitamente erano due, con una piccola anta inferiore. Il lavabo era in ceramica, semi-incassato nel mobile. Le profondità del piano erano 36 cm ai lati e in punta 55 cm. I colori erano per lo più legno naturale o bianco, con le ante lisce o leggermente serigrafate. I piani erano in marmo bianco Carrara, rosa Portogallo, qualcuno azzurro oppure in minirel marmo, un tipo di materiale sintetico con un effetto brillante che lo rendeva prezioso. Era la prima volta che si presentava l’opportunità di risparmiare: al posto del marmo si poteva scegliere un prodotto simile ma più economico.
Forte dell’appoggio del fratello Giovanni, l’azienda inizia a proporre il mobile da bagno. Si incontrarono le prime difficoltà legate all’aspetto del marmo. Spesso il bianco Carrara che il cliente vedeva esposto in sala mostra, non era lo stesso che arrivava a casa. Essendo un materiale vivo e mai uguale non si poteva replicare, ma i clienti a volte facevano fatica a capirlo.
Ecco che l’esigenza di trovare un materiale dalla produzione standard si fece sempre più urgente. Il marmo divenne ancora più pregiato per chi lo apprezzava, ma rimase un osso duro per chi invece non comprendeva le sue caratteristiche naturali. Gli specchi rettangolari si appoggiavano sul piano lavabo e a lato si usava mettere una colonna porta oggetti lunga un metro e composta da un’anta battente e da vani a giorno, talvolta in cristallo. Le luci dello specchio diventarono meno importanti e i disegni floreali lasciarono il posto ad applique simili a faretti installati in un tipo di cappelliera sopra allo specchio.
Gli anni novanta
Gli anni correvano veloci e con essi si svilupparono nuove idee di arredo bagno. Negli anni Novanta, che per noi furono gli anni d’oro, il mobile semi-incasso venne proposto ad incasso totale. A cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta scoppiò il boom del mobile con doppio lavabo. Il cliente era disposto a spendere cifre importanti per il proprio bagno e pretendeva qualità, estetica e unicità. I mobili doppio lavabo erano un’opera d’arte: chiudi un attimo gli occhi e lascia che ti guidi in questo viaggio immaginario nel passato. Sei davanti al mobile più lungo di 150 cm. E’ maestoso perché il suo piano è tutto di marmo lavorato in tondo mentre i catini sono incassati totalmente e sono di ceramica bianca. Il mobilio sottostante è dritto mentre i fianchi di chiusura sono antine curve oppure estremamente squadrate. La finitura del massello con il quale sono costruiti si propone plissè, a ondina oppure uniforme. La rubinetteria di lusso è quella color oro e viene coordinata al gruppo vasca. La doccia non fa ancora parte del bagno padronale. I porta-asciugamani non sono più lunghi 45 cm e avvitati vicino al mobile. Le piantane da appoggio a terra servono per l’asciugamano da viso e quello da bidet; spesso questo vicino al mobile e davanti al wc. Sono anch’essi smaltati in color oro, talvolta li vedo ancora, con rifinitura bianco lucida. Questa tipologia di arredo è quella che mi capita personalmente di vedere quasi ogni giorno quando servo il mio cliente nella volontà di ristrutturare il bagno. Talvolta trovo della titubanza perché tutto è ancora bello e in buonissimo stato. I clienti storici ricordano il servizio eccellente di mia madre, mio zio e mio padre risalente a 30 anni fa. L’orgoglio del nonno che ci guarda dalla foto è a mille ma io devo essere all’altezza perché le aspettative sono tante.
Il nuovo millennio
In un baleno arrivarono gli anni Duemila: io mi laureai in ingegneria mentre mio padre si ammalava fino a venire a mancare. Tutta la parte gestionale dell’azienda era in balia delle onde. Da un giorno all’altro con un macigno sulla pancia volli farmi vedere forte. Era arrivato il mio momento: “il nonno sarebbe orgoglioso”, pensai. La mamma aveva perso il suo braccio destro e lo zio altrettanto. Non potevo farmi vedere debole, così chiesi aiuto tecnico per imparare a usare il programma gestionale, ma lo trovavo riduttivo, la mia ambizione era rapportami con il cliente. Non è stato facile. Le aspettative nei miei confronti erano altissime perché sono figlia “di” e nipote “di” esemplari figure professionali. Mia madre mi buttò sul mercato come fossi in un’arena vestita di rosso attorniata da tori. Non volle insegnarmi niente perché temeva che la mia scelta fosse poco convinta. E’ da lì che emerge il mio temperamento: iniziai a studiare, a formarmi ed interagire con il mio cliente inizialmente diffidente vista la giovane età. Non mi sono fatta calpestare e la mia dialettica e conoscenza tecnica mi ripagarono subito: il mio cliente cominciò ad affidarsi. Frequentai corsi online e mi ispirai ai migliori architetti e designer di settore. L’empatia che sono riuscita a instaurare con il pubblico era e è bellissima, il mio studio diventa quotidiano. Le proposte di finiture di arredo si fanno via via numerose.
Nella prima decade degli anni Duemila il piano in marmo lasciò il posto a quello in cristallo per i più ambiziosi e in ceramica per i low budget. Le ante erano costruite in hple, si amplia la gamma dei colori del legno. Anche la finitura laccata aumentò la gamma colori, preferendo l’opaco. La doccia venne preferita alla vasca anche nel bagno principale e le dimensioni delle piastrelle diventarono rettangolari. Il formato 30×30 e 20×20 venne escluso dalle collezioni e l’altezza del rivestimento scese fino a 120 cm da terra. L’effetto lucido lasciò il posto a quello opaco ed i disegni sparirono completamente da tutti i bagni appena rifatti. Si preferiva piuttosto cambiare il tono tra pavimento e rivestimento oppure optare per una composizione dinamica con due diverse tonalità di gres. Parlo di gres proprio come nuovo impasto con il quale viene fabbricata la piastrella. I portaoggetti e asciugamani diventarono cromati e la rubinetteria in tinta adottò il miscelatore senza tentennamenti. La richiesta del doppio lavabo divenne meno frequente perché le dimensioni dei bagni erano sempre più piccole. La cassetta del wc era semplicemente incassata nel muro, dove comparvero due tasti per l’acqua dello scarico.
Le proposte nella seconda decade degli anni Duemila arricchirono la possibilità di scelta di forma, dimensioni e estetica. La doccia che negli anni 90 era 90×90 cm divenne 120x80cm. Talvolta si creavano docce walk-in dalle dimensioni 170×80 cm delimitate solo da un cristallo fisso. Per la vasca non c’era più posto né tempo.
I piatti doccia in ceramica bianca vennero sostituiti dalla vetroresina o resina, bianca o colorata, liscia o bucciardata. I telai dei box doccia, che alla fine degli anni Novanta si sceglievano cromo e bianco lucido per i bagni di servizio, divennero bianco opaco e neri per i bagni di lusso. Il cristallo rimase trasparente, ma la tecnologia rese preferibili le ante scorrevoli sganciabili alla porta battente meno pratica. I piani dei mobili da bagno divennero spessi 1,4cm oppure si affermarono consolle da 12 cm sulle quali appoggiare il mobilio oppure metterlo staccato 15mcm per creare look non pesanti e lontani dall’effetto cucina. Il piano e il catino erano dello stesso materiale e si presentavano come un’unica fusione. La ceramica lasciò il posto al corian e ad altri materiali molto più flessibili che non correvano il rischio di cavillare nel tempo perché idrorepellenti e igienizzabili con acqua e detergente. Le finiture andavano dal cemento al legno, fino al laminam, al metallizzato e al laccato. Stesse texture per il mobilio fatto in multistrato marino. Il design divenne schematico, optando per le linee tonde solo per risolvere spazi piccoli. Le profondità degli stessi mobili cambiarono, adattandosi ad ambienti sempre più fruibili. Si andava dalla misura tradizionale di 50 cm, al 65 cm per la lavanderia, al 40 o 37cm per piccoli bagni.
Anche le lavanderie cominciarono ad essere arredate come tali e per essere contemporaneamente il bagno degli ospiti e quello di servizio. Gli specchi si proponevano retro-illuminati oppure con led integrati. Le misure di questi erano in relazione al mobile e allo spazio da vestire. Le forme erano rettangolari oppure tonde, grandi o piccole. I pensili diventarono librerie oppure colonne alte 140 o 165 cm e profonde 21 o 36 cm.
I sanitari non erano più uguali al lavabo, ma bianchi e a filo parete. Per poco tempo ci fu la richiesta del sanitario nero, ma il calcare e le sue tracce intimorivano il cliente che alla fine optava per il bianco.
I decori delle piastrelle lasciarono il posto alla finitura che doveva essere particolare e replicare l’effetto di qualcosa: legno, marmo, cemento, pietra. Si voleva spendere relativamente poco, la moda dei decori sparì. Si iniziò a richiedere praticità e velocità nella pulizia: venne ideato l’effetto pietra liscio, l’effetto marmo che non assorbe acqua e l’effetto legno, che ricorda questo materiale anche se non è caldo al tatto ed è interrotto dalle fughe.
L’effetto cemento derivò dallo stile urban di arredare le case. Quando si ereditava una casa e non si voleva demolirla, si cercava di integrare il rustico con l’arredo cemento e ferro per renderla moderna. Da qui parte l’ampia gamma di gres materici come il corten o il cemento ai quali abbinare legni caldi o laccati freddi. I formati delle piastrelle si ingrandirono fino ad arrivare a lastre da 120x 240cm o 320×160 cm, cambiando di spessore per rispondere alle esigenze di ristrutturazione veloce. Quelle che oggi vengono usate più comunemente sono il 120×60 oppure il 60×60 perché alla moda va sempre unita l’esigenza personale e la facilità di posa. Per un bagno piccolo il 60×120 è sprecato quindi al di là delle proposte che corrono veloci, è bene essere sensibili di fronte al caso specifico di ogni cliente e consigliarlo per assolvere le sue esigenze di budget e di estetica.
Sono relativamente giovane ma la storia della nostra azienda l’ho sempre vissuta in prima persona e mi sono accorta che il cambiamento non è stato solo estetico. Sono cambiate le esigenze. Dapprima di budget e poi di contenuti. Prima degli anni 2000 si investiva nel bagno principale affinché fosse bello ed intoccabile. Spesso non veniva nemmeno usato per sfruttare al massimo quello di seconda mano dove non c’era cura di dettaglio e nemmeno di qualità. La disposizione degli arredi era la stessa per tutti: wc di fronte al bidet, staccato dal muro e con la cassetta esterna. Il mobile bagno vicino al bidet e alle spalle la vasca. Le piastrelle rivestivano le pareti nella quasi totalità e la finitura era lucida, prevalentemente nuvolata.
Se prima si esigeva un bagno solo bello, dopo gli anni Duemila si inizia a volere un bagno funzionale e facile da gestire. Si comincia a dare la stessa importanza a entrambi i bagni, nonostante il concetto di bagno principale e bagno secondario sia ancora presente. Così il budget a disposizione per ogni uno di essi si abbassa e con esso si abbassano i dettagli. Le mode passano ma lo stile resta; basta pensare a piccoli bagni piastrellati interamente in mosaico, una scelta intramontabile. Ciò che oggi non si usa più è il catino in appoggio, scomodo all’uso quotidiano. Sarebbe stato di grande successo negli anni Ottanta per arredare bagni belli ed intoccabili.
Nonostante i 48 anni di attività, la nostra filosofia nel servizio al cliente rimane la stessa. Proponiamo solo un prodotto di qualità, durevole, facile da pulire e che risponda agli spazi di cui sei in possesso. L’estetica non viene mai dopo, è al pari della qualità perché oggi più che mai si ha bisogno di relax, confort e bellezza; cosa che trovi per lo più entrando da solo in bagno e chiudendoti la porta alle spalle.
Stefania Tognin